Introduzione
La libertà di stampa ha svolto un ruolo cruciale nella formazione dell’identità nazionale italiana e nello sviluppo delle istituzioni democratiche. A partire dall’Editto sulla stampa di Pio IX nel 1847 fino all’emergere del giornalismo moderno e alla nascita delle agenzie di stampa, l’Italia ha attraversato un percorso complesso e spesso tortuoso nel tentativo di bilanciare il controllo statale sull’informazione e le aspirazioni liberali della popolazione.
Questo saggio esamina le principali tappe di questa evoluzione, analizzando le leggi, gli editti e gli eventi storici che hanno modellato il panorama dell’informazione nel paese, con particolare attenzione ai periodi pre-unitario, liberale e fascista.
1. L’Editto sulla stampa di Pio IX (1847) e il contesto storico
Nel 1847, Papa Pio IX emanò l’Editto sulla stampa, seguito da un provvedimento simile del Granduca di Toscana. Questi editti rappresentavano un tentativo di modernizzare gli Stati pontifici e rispondere alle pressioni riformiste emergenti. Sebbene la censura resti in vigore, gli editti chiarivano le procedure e i criteri per l’attività censoria, riflettendo una volontà di adattamento alle esigenze sempre più pressanti del ceto intellettuale.
La concessione della libertà di stampa da parte di Pio IX era un atto significativo, ma limitato. Non riconosceva la libertà di stampa come un diritto naturale, bensì la concedeva come espressione del potere sovrano. Questa distinzione è fondamentale per comprendere le dinamiche politiche dell’epoca: la libertà di stampa era soggetta alla volontà del sovrano e poteva essere revocata o limitata in qualsiasi momento.
L’Editto rappresentava un primo passo verso una maggiore apertura, ma manteneva un forte controllo statale sull’informazione. La censura preventiva rimaneva in vigore, soprattutto per i testi di carattere religioso, che dovevano essere approvati dalle autorità ecclesiastiche. Questo rifletteva l’importanza della Chiesa cattolica nella società italiana dell’epoca e la necessità percepita di proteggere l’ortodossia religiosa.
2. Lo Statuto Albertino (1848): una Costituzione flessibile e concessa
Nel 1848, Carlo Alberto di Savoia emanò lo Statuto Albertino, che divenne la costituzione del Regno di Sardegna e, successivamente, dell’Italia unita. Lo Statuto era una costituzione concessa e flessibile, in cui la sovranità risiedeva nel re e non nel popolo. Questo significa che il re concedeva al popolo determinate libertà e diritti, ma manteneva il potere supremo.
La flessibilità dello Statuto significava che le sue norme potevano essere modificate tramite leggi ordinarie, senza un processo aggravato. Ciò rendeva la costituzione adattabile, ma anche vulnerabile ai cambiamenti che potevano limitare le libertà proclamate. Ad esempio, la libertà di stampa poteva essere facilmente ridotta o revocata attraverso leggi ordinarie.
L’Articolo 28 dello Statuto proclamava la libertà di stampa, affermando che “La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi. Tuttavia le bibbie, i catechismi, i libri liturgici e di preghiera non potranno essere stampati senza il preventivo permesso del vescovo“. Questa clausola (ma una legge ne reprime gli abusi) lasciava amplissimo spazio all’arbitrio legislativo, permettendo al governo di definire cosa costituisse un “abuso” e di introdurre restrizioni significative.
3. L’Editto sulla stampa e i reati connessi
Subito dopo lo Statuto Albertino, fu pubblicato un nuovo Editto sulla stampa composto da 91 articoli, volto a controllare pienamente la libertà di stampa concessa dallo Statuto.
Nel preambolo, che illustra i principi ispiratori dell’Editto, si afferma che la libertà della stampa «è necessaria guarentigia delle istituzioni di ogni ben ordinato Governo rappresentativo», ma che «la correzione degli eccessi» è altrettanto necessaria quando «I’uso della libertà cessa dall’essere propizio allorché degenera in licenza, quando invece di servire ad un generoso svolgimento di idee si assoggetta all’impero di malaugurate passioni».
Le disposizioni principali sono queste:
1) Libertà di manifestazione del pensiero per mezzo della stampa e di «qualsivoglia artificio meccanico atto a riprodurre segni figurativi».
2) Ogni cittadino maggiorenne, purché goda dei diritti civili, le società anonime o in accomandita e i
«corpi morali» riconosciuti tali possono pubblicare «un giornale o scritti periodici».
3) Il tipografo deve apporre sullo stampato i propri dati e l’anno di stampa. (A questo proposito va tenuto presente che per esercitare l’attività tipografica occorre un’autorizzazione). Tutti i giornali devono avere un «gerente responsabile». Il gerente deve firmare di suo pugno la prima copia di ciascun numero del giornale e il suo nome deve figurare su tutte le copie stampate. La prima copia va consegnata all’autorità pubblica senza che tale incombenza pregiudichi la distribuzione del foglio.
4) Il gerente è responsabile penalmente di tutte le infrazioni della legge e con lui lo sono tutti coloro che firmano gli articoli.
5) Le rettifiche o le precisazioni provenienti da persone «nominate» negli articoli devono essere pubblicate subito dopo il loro arrivo e possono avere una lunghezza doppia dello scritto che le ha determinate.
L’Editto prevedeva, inoltre, una serie di reati connessi alla stampa, tra cui:
- Offese al re e ai membri della famiglia reale: per proteggere la figura del sovrano da critiche e attacchi, rafforzando l’autorità monarchica.
- Offese alla religione cattolica: riflettendo l’importanza della Chiesa nella società dell’epoca e la necessità di mantenere l’ordine religioso.
- Offese ai Capi di Stato esteri: per evitare tensioni diplomatiche e proteggere le relazioni internazionali.
- Offese al Parlamento e al buon costume: con il concetto di “buon costume” utilizzato in modo vago e potenzialmente repressivo, permettendo allo Stato di censurare contenuti scomodi.
- Diffamazione e provocazione all’odio tra classi sociali: in risposta all’ascesa del movimento socialista e alle crescenti tensioni sociali.
- Attacchi all’inviolabilità del diritto di proprietà: considerato sacro nello Stato liberale imprenditoriale, in cui la proprietà privata era fondamentale per l’economia e l’ordine sociale.
Queste restrizioni riflettevano le paure delle classi dominanti nei confronti delle nuove ideologie emergenti, come il socialismo, e la volontà di mantenere lo status quo. L’Editto rappresentava quindi uno strumento per controllare l’opinione pubblica e prevenire la diffusione di idee ritenute pericolose.
4. Il contesto politico tra il 1848 e il 1849
Tra il 1848 e il 1849, l’Italia fu teatro di importanti eventi rivoluzionari. Le insurrezioni a Venezia e Milano e la Prima Guerra d’Indipendenza contro l’Impero Austriaco alimentarono il dibattito politico e l’attivismo giornalistico.
I giornalisti non erano solo osservatori ma attori attivi nelle insurrezioni e nei movimenti politici. Utilizzavano la stampa come strumento per promuovere idee nazionaliste, liberali e repubblicane, mobilitando l’opinione pubblica. Questo periodo vide la nascita di numerosi giornali politici, che contribuivano a diffondere le idee rivoluzionarie e a stimolare la partecipazione popolare.
5. La nascita della Gazzetta del Popolo e il modello della “penny press”
Nel 1848, a Torino, nacque la Gazzetta del Popolo, fondata da Felice Govean e Giovan Battista Bottero. Si proponeva di essere letta anche dal popolo, scritta in maniera semplice e venduta a prezzi contenuti (cinque centesimi). Il giornale era spiccatamente anticlericale e voleva riproporre nel Regno di Sardegna il modello dei giornali a basso costo inglesi, la “penny press”.
La “penny press” aveva rivoluzionato il panorama editoriale nel Regno Unito e negli Stati Uniti, rendendo le notizie accessibili alle masse e non solo alle élite. La Gazzetta del Popolo rappresenta un tentativo innovativo di democratizzare l’accesso all’informazione in Italia, rompendo con la tradizione dei giornali elitari e costosi.
La sua diffusione contribuì a creare una nuova categoria di lettori e a promuovere l’alfabetizzazione e l’interesse per gli affari pubblici tra le classi popolari. Questo segnò l’inizio di una stampa popolare in Italia, che avrebbe avuto un impatto significativo sullo sviluppo della società italiana.
6. Confronto tra il giornalismo italiano e quello anglosassone
Nel Regno Unito e negli Stati Uniti, il mercato dell’informazione periodica era molto più grande e consentiva una forte specializzazione dei giornali. Esistevano giornali elitari come il Times e giornali popolari come il Sun, ciascuno rivolto a un pubblico specifico.
In Italia, invece, il mercato era più piccolo e frammentato, non consentendo una forte specializzazione. I giornali italiani tendevano ad essere generalisti, cercando di coprire tutti gli argomenti per tutti i lettori. Questa differenza dipendeva non solo dalla dimensione del mercato, ma anche dalle condizioni socioeconomiche e dal tasso di alfabetizzazione.
La frammentazione del mercato italiano avveniva principalmente in base all’orientamento politico piuttosto che al livello socioeconomico o culturale dei lettori. Giornali come l’Unità (fondato nel 1924 come organo ufficiale del Partito Comunista Italiano) o l’Avanti! (fondato nel 1896 come organo del Partito Socialista Italiano) rappresentavano gli organi ufficiali di partiti politici e si rivolgevano ai sostenitori di quelle ideologie.
Questi giornali spesso avevano tirature limitate e faticavano a sostenersi economicamente, necessitando di finanziamenti esterni, spesso provenienti dai partiti stessi. Questa dipendenza finanziaria sollevava questioni sull’indipendenza editoriale e sulla sostenibilità economica della stampa politica.
7. La fondazione dell’Agenzia Stefani e lo sviluppo delle agenzie di stampa
Nel 1853, il conte di Cavour fondò a Torino l’Agenzia Stefani, la prima agenzia di stampa italiana. Le agenzie di stampa avevano lo scopo di raccogliere, elaborare e diffondere notizie, vendendole ai giornali che le pubblicavano. L’Agenzia Stefani si ispirava a modelli internazionali come Havas in Francia, Wolff a Berlino e Reuters a Londra.
Lo sviluppo delle agenzie di stampa fu fondamentale per l’editoria periodica, poiché arricchiva i giornali di notizie nazionali e internazionali. Le agenzie fornivano notizie fattuali, permettendo ai giornali di concentrarsi sull’analisi e il commento. Questo modello contribuisce alla professionalizzazione del giornalismo e all’ampliamento dell’accesso all’informazione.
Le agenzie di stampa erano anche influenzate dalle politiche governative. Durante il regime fascista, ad esempio, l’Agenzia Stefani divenne l’agenzia ufficiale del governo, utilizzata per diffondere la propaganda del regime.
8. Modifiche allo Statuto Albertino e flessibilità costituzionale
Dopo la sconfitta dei movimenti rivoluzionari, vennero introdotte modifiche allo Statuto Albertino per rafforzare il controllo statale e limitare le libertà concesse. La flessibilità dello Statuto consente al governo di introdurre restrizioni senza dover affrontare processi complessi o opposizioni significative.
Ad esempio, furono emanate leggi che reintrodussero la censura preventiva e limitarono la libertà di associazione e di espressione. Queste misure erano giustificate come necessarie per mantenere l’ordine pubblico e prevenire il caos rivoluzionario.
Questa flessibilità costituzionale costituiva un’arma a doppio taglio: da un lato consentiva di adattare la costituzione alle nuove esigenze, dall’altro permetteva di limitare le libertà civili in modo arbitrario.
9. Il diritto di rettifica e la responsabilità nella pubblicazione
Le leggi dell’epoca stabilivano il diritto di rettifica, per cui chi si sentiva leso da un articolo aveva il diritto di richiedere una rettifica, che doveva essere pubblicata nello stesso spazio e con la stessa visibilità dell’articolo originale. Questo strumento era fondamentale per tutelare la reputazione e i diritti dei cittadini.
Inoltre, venne introdotta la figura del gerente responsabile, un soggetto che si assumeva la responsabilità civile e penale dei contenuti pubblicati. Tuttavia, la mancanza di specifiche sulla sua identità portò ad abusi. Spesso, il ruolo veniva ricoperto da persone che non avevano alcun coinvolgimento reale nel giornale, ma accettavano la responsabilità per un compenso, permettendo ai veri autori di restare nell’ombra.
Questo sistema venne successivamente riformato, ma evidenzia le difficoltà nel bilanciare la libertà di stampa con la necessità di responsabilità e trasparenza.
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