Il periodo fascista in Italia, dal 1922 al 1943, rappresentò un capitolo cruciale nella storia del Paese, caratterizzato da profondi cambiamenti politici, sociali ed economici. Uno degli aspetti fondamentali del regime di Benito Mussolini fu il controllo sulla stampa, utilizzato come strumento di propaganda e mezzo per consolidare il potere.
Questo lavoro esamina le riforme legislative, gli interventi e le pratiche censorie attuate dal regime fascista nei confronti della stampa italiana, analizzando anche il contesto storico precedente e le implicazioni delle leggi promulgate.
Contesto storico: la libertà di stampa prima del fascismo
Nella tradizionale dottrina dello Stato costituzionale, liberale e democratico, la libertà di stampa era considerata una delle manifestazioni fondamentali dei diritti di libertà individuale, concepita come innata nel cittadino e contrapposta ai diritti dello Stato.
La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 la definiva “preziosa” e la riconosceva come conseguenza del diritto alla libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni, pur ammettendo che i cittadini dovessero rispondere degli abusi di tale diritto.
In Italia, questo diritto fondamentale era riconosciuto dall’articolo 28 dello Statuto Albertino del 1848, che proclamava il principio della libertà di stampa ma ne lasciava la regolamentazione dettagliata a leggi speciali. Tuttavia, queste leggi erano spesso imperfette nella formulazione e nell’applicazione. L’Editto sulla stampa del 26 marzo 1848, emanato prima dell’apertura delle Camere, rimase parzialmente in vigore e fu modificato da diverse leggi successive. In questo contesto liberale, la stampa godeva di una relativa libertà, anche se già sottoposta a determinate restrizioni.
Ascesa del fascismo e prime misure legislative
Con l’ascesa al potere di Mussolini nel 1922, il regime fascista iniziò a modificare profondamente il panorama legislativo italiano, ridefinendo i rapporti tra Stato e cittadini. Poiché nella concezione fascista dello Stato le manifestazioni dei cosiddetti diritti di libertà esistevano solo nella misura in cui lo Stato, nell’interesse generale, riteneva di concederle, le antiche leggi speciali furono opportunamente modificate.
Il primo decreto-legge del 1923
Il decreto-legge del 15 luglio 1923, n. 3288, istituì l’ufficio stampa presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questo organo aveva il compito di:
- Coordinare e supervisionare le informazioni diffuse dai mezzi di comunicazione.
- Fornire direttive ai giornali su come trattare determinate notizie.
- Gestire le relazioni con la stampa estera per limitare la percezione internazionale dell’Italia.
Questo decreto rappresentò il primo passo verso la centralizzazione del controllo mediatico, limitando l’autonomia dei giornali e trasformandoli in strumenti di propaganda governativa.
La legge sulla stampa del 31 dicembre 1925
Tra il 1925 e il 1926, con le Leggi Fascistissime, il regime consolidò la sua dittatura, eliminando le libertà democratiche rimaste. La Legge sulla Stampa del 31 dicembre 1925, n. 2307, fu uno dei pilastri di questa trasformazione autoritaria.
L’articolo 1 stabiliva che:
- Ogni giornale o altra pubblicazione periodica doveva avere un direttore responsabile.
- Il direttore doveva ottenere il riconoscimento del procuratore generale presso la corte d’appello, presentando una domanda che dimostrasse l’esistenza di tutti i requisiti necessari.
- La pubblicazione del periodico non poteva avvenire finché non fosse intervenuto il provvedimento del procuratore generale.
Questo articolo trasferì la responsabilità legale per i contenuti pubblicati dalle mani del gestore a quelle del direttore responsabile. Il direttore divenne così l’unico soggetto legalmente responsabile per i contenuti pubblicati, e la sua iscrizione a un Albo controllato dal governo permetteva al regime di selezionare dirigenti allineati ideologicamente.
L’articolo 7 prevedeva:
- È istituito un Ordine dei giornalisti che avrà le sue sedi nelle città ove esiste Corte d’appello. L’Ordine costituirà i suoi albi professionali che saranno depositati presso le cancellerie delle Corti d’appello. L’esercizio della professione giornalistica è consentito solo a coloro che siano iscritti negli albi stessi.
- Le norme per tale iscrizione verranno stabilite con speciale regolamento.
- Meccanismi di Controllo e Censura: la stampa – intesa come qualsiasi mezzo meccanico atto a riprodurre segni figurativi, come fotografia, litografia, xilografia, ecc. – fu soggetta a misure preventive di sicurezza e a misure repressive.
- Misure preventive: ogni stampato doveva indicare il luogo, l’officina, l’anno di stampa e il nome dello stampatore. Non si poteva esercitare l’arte tipografica o altre arti di stampa senza la licenza del questore. Ogni stampatore o editore doveva presentare la prima copia di qualsiasi stampato o pubblicazione alla procura del re. Era vietato distribuire o mettere in circolazione scritti e disegni senza licenza dell’autorità locale di pubblica sicurezza.
- Divieti Specifici: era vietato fabbricare, introdurre nello Stato, acquistare, detenere, esportare, per commercio o distribuzione, o mettere in circolazione scritti, disegni, immagini o altri oggetti:
- Contrari agli ordinamenti politici, sociali ed economici dello Stato.
- Lesivi del prestigio dello Stato o dell’autorità.
- Offensivi del sentimento nazionale, del pudore o della pubblica decenza.
L’autorità di pubblica sicurezza poteva sequestrare tali scritti e disegni in via amministrativa.
Interventi sulla stampa periodica
I gravi inconvenienti derivati dall’applicazione dell’Editto Albertino e dell’istituto del gerente portarono a radicali innovazioni. Ora, ogni giornale o altra pubblicazione periodica doveva avere un direttore responsabile riconosciuto dal procuratore generale, con possibilità di negare o revocare il riconoscimento in caso di condanne per delitti commessi a mezzo stampa.
Il prefetto poteva:
- Diffidare il responsabile di un giornale se questi pubblicava notizie false o tendenziose, intralciava l’azione diplomatica del governo, o incitava all’odio di classe.
- Revocare il riconoscimento del direttore dopo due diffide in un anno.
- Sequestrare il periodico quando gli scritti rientravano nei casi di diffida.
Queste misure permettono al regime di controllare strettamente la stampa periodica, eliminando le voci critiche e promuovendo un’informazione allineata con l’ideologia fascista.
L’impatto sulla società Italiana: soppressione del pluralismo
Il controllo sulla stampa permette al regime di plasmare l’opinione pubblica:
- Eliminazione del dissenso: la legge facilita la chiusura di testate critiche verso il regime e l’arresto di giornalisti oppositori.
- Uniformità dell’informazione: i contenuti pubblicati divennero omogenei, promuovendo esclusivamente l’ideologia fascista.
- Propaganda di stato: i media divennero strumenti per diffondere messaggi propagandistici, esaltando le realizzazioni del fascismo e la figura di Mussolini.
- Repressione del dissenso
- Persecuzione dei giornalisti: molti professionisti furono costretti all’esilio, incarcerati o messi a tacere.
- Censura culturale: oltre alla stampa, la censura si estese a libri, cinema e altre forme artistiche.
- Clima di terrore: la minaccia di sanzioni legali e violenze incoraggia l’autocensura tra i professionisti dell’informazione.
Resistenza e Stampa Clandestina
Nonostante la repressione, alcune voci continuano a opporsi:
- Pubblicazioni sotterranee: gruppi antifascisti distribuirono materiale clandestino per informare e mobilitare la popolazione.
- Reti di solidarietà: organizzazioni segrete aiutarono i dissidenti a fuggire o a nascondersi dalle autorità.
Analisi critica
- Strumento di controllo sociale
Le leggi del 1923 e del 1925 dimostrarono come il controllo dei media fosse essenziale per un regime autoritario:
- Manipolazione dell’opinione pubblica: controllando le informazioni, il regime poteva plasmare le percezioni e le credenze della popolazione.
- Eliminazione del dibattito pubblico: senza una stampa libera, venne meno la possibilità di un confronto critico sulle politiche governative.
- Erosione delle libertà democratiche
- Precedente pericoloso: queste leggi creano un modello per altri regimi totalitari nel limitare le libertà civili.
- Importanza della vigilanza: la storia evidenzia la necessità di proteggere costantemente i diritti fondamentali, tra cui la libertà di espressione.
Conclusione
Le riforme legislative, gli interventi e le pratiche censorie attuate dal regime fascista sulla stampa italiana ebbero conseguenze durature. Il controllo totale dell’informazione fu essenziale per il mantenimento del potere da parte di Mussolini, ma al costo della soppressione delle libertà fondamentali.
Il trasferimento della responsabilità legale dalla figura del gerente a quella del direttore nella Legge sulla stampa del 1925 permette al regime di esercitare un controllo più diretto e incisivo sulle testate giornalistiche. L’articolo 1 assicurò l’allineamento ideologico dei direttori, mentre l’articolo 7 fornì gli strumenti per irregimentare la professione giornalistica.
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