Platone, il mito e i Misteri

Introduzione

Questo lavoro esplora il ruolo dei miti nei dialoghi di Platone e il loro legame con la tradizione dei Misteri dell’antica Grecia. Vedremo come Platone utilizzi i miti non solo come strumenti narrativi, ma anche come veicoli per trasmettere insegnamenti filosofici profondi e spesso esoterici. Esamineremo le critiche rivolte ai miti dai pensatori razionalisti greci, il cambiamento del significato del termine “mito” nel tempo e il modo in cui Platone reintegra i miti nella filosofia per educare l’anima e guidare l’uomo verso la verità.

Critiche antiche ai miti

Fin dalle origini del razionalismo greco, i miti furono oggetto di critiche severe. Filosofi come Senofane accusarono poeti come Omero ed Esiodo di attribuire agli dèi comportamenti immorali, come furti, adulteri e inganni. Erodoto accusò Omero e altri poeti di invenzione, mentre Socrate, pur riconoscendo che i miti potevano contenere qualche verità, suggerì di censurare i “creatori di miti” nel suo Stato ideale. Egli riteneva che le storie sugli “empi litigi” degli dèi non rappresentassero fedelmente la realtà e dovessero essere “sepolte nel silenzio”.

Evoluzione del termine “mito”

Originariamente, la parola greca mythos indicava semplicemente qualcosa detto oralmente: una parola, un linguaggio o una storia. Con il tempo, soprattutto dopo Pindaro, mythos venne a significare un racconto poetico di eventi precedenti all’alba della storia, mentre logos, che pure significava “parola”, indicava un racconto storico e razionale. Col passare dei secoli, “mito” acquisì connotazioni negative, associato a fantasia o puerile non-senso, mentre “logos” divenne sinonimo di ragione e narrazione storica autentica.

I neoplatonici e l’allegoria mistica

I Neoplatonici consideravano i miti come allegorie storiche e mistiche, le cui verità nascoste potevano essere rivelate attraverso la disciplina filosofica. Marino, nella sua biografia di Proclo, descrive come il suo maestro avesse ottenuto “visioni veramente benedette della realtà”, attraverso le quali comprese la teologia greca e non greca, svelando le verità nascoste sotto forma di mito. Proclo credeva che i miti fossero un linguaggio esoterico che unificava varie tradizioni religiose e filosofiche.

Platone e l’origine comune dei miti

Platone suggerisce che tutte le storie e i miti abbiano un’origine comune. Nel dialogo “Il Politico”, lo Straniero di Elea afferma che queste storie derivano dagli insegnamenti degli istruttori dell’umanità nell’Età dell’Oro. Questi istruttori trasmisero la prima rivelazione degli inizi cosmici e umani, nonché gli insegnamenti del “Creatore e del Padre” sulla giusta condotta di vita. Tuttavia, Platone riconosce che, col passare del tempo, i miti si sono corrotti e hanno perso gran parte del loro potere originario.

La corruzione dei miti nel tempo

Platone evidenzia che i miti tradizionali si sono notevolmente corrotti a causa di vari fattori:

Memoria imperfetta: con il passare delle generazioni, le storie sono state dimenticate o ricordate in modo impreciso.

Intrusioni estranee: elementi estranei sono stati aggiunti ai miti originali, alterandone il significato.

Cambiamenti linguistici: il significato delle parole e del linguaggio è mutato, portando a interpretazioni errate.

Interpretazioni letterali: prendere i miti alla lettera ha portato a fraintendimenti.

Fantasia umana: l’immaginazione umana ha distorto le storie originali.

Questi fattori hanno fatto sì che i miti non corrispondessero più al loro scopo originario di ravvivare la memoria della nostra origine divina e delle nostre istruzioni sacre.

L’interpretazione adeguata dei miti

Platone sostiene che per comprendere veramente i miti sia necessaria un’intuizione appropriata, che richiede una preparazione filosofica adeguata. Nel “Fedro”, Socrate discute i problemi che sorgono dalle interpretazioni “razionali” dei miti, che riducono i miti a eventi puramente storici e fisici. Egli ritiene che tali interpretazioni manchino il punto essenziale dei miti e non conducano alla verità.

Il ruolo dei miti nei dialoghi di Platone

Platone utilizza i miti nei suoi dialoghi non solo come narrazioni, ma come strumenti pedagogici per educare l’anima. I miti servono a risvegliare la memoria dell’anima (anamnesi), riportando alla mente verità che vanno oltre la portata dell’intelletto razionale. Essi sono integrati nel metodo dialettico di Platone, aiutando a vedere le cose in una prospettiva più ampia e a cogliere l’unità nel molteplice.

La Tradizione dei Misteri e la segretezza

I Misteri erano riti esoterici e iniziatici praticati nell’antica Grecia, come quelli di Eleusi e Orfici, che avevano lo scopo di trasmettere conoscenze profonde sulla natura dell’anima e dell’universo. La segretezza era fondamentale per proteggere gli insegnamenti sacri da profanazioni e per garantire che fossero trasmessi solo a coloro che erano preparati a riceverli. Platone, essendo certamente un iniziato, rispettava queste regole di segretezza e utilizzava i miti come un mezzo per alludere a queste verità senza violare il voto di silenzio.

L’uso deliberato dei miti da parte di Platone

Platone crea nuovi miti per rinnovare e incrementare le verità originariamente espresse nelle antiche storie. I suoi miti velano e al contempo rivelano insegnamenti profondi, permettendo al lettore di intuire significati nascosti attraverso la riflessione filosofica. Questo approccio consente di rispettare la segretezza dei Misteri, evitando la profanazione, e di stimolare il lettore a intraprendere un percorso di ricerca interiore.

I miti come strumenti educativi

Nei dialoghi di Platone, i miti non vengono presentati in modo didattico o dogmatico. Al contrario, vengono inseriti nel flusso naturale della conversazione, incoraggiando il lettore a riflettere e a sviluppare una comprensione personale delle idee filosofiche. Questo metodo permette di:

Stimolare il pensiero critico: il lettore è invitato a mettere in discussione le proprie supposizioni e a esaminare le idee presentate.

Favorire l’intuizione: i miti sollecitano l’immaginazione e l’intuizione, facilitando la comprensione di concetti astratti.

Promuovere la purificazione dell’anima: attraverso la riflessione sui miti, l’individuo può liberarsi da idee false e atteggiamenti egoistici, preparando l’anima alla ricezione della verità.

Esempi di miti nei dialoghi di Platone

Protagora: qui, il mito di Prometeo ed Epimeteo viene utilizzato per discutere se la virtù possa essere insegnata. Tuttavia, Socrate critica l’uso del mito da parte di Protagora, poiché viene accettato senza un esame critico.

Gorgia: Socrate racconta un mito sulla Corte del Giudizio nell’aldilà, dove le anime vengono giudicate e inviate alle Isole dei Beati o al Tartaro. Questo mito sottolinea l’importanza della giustizia e delle conseguenze delle azioni umane.

Fedone: descrive l’ascesa dell’anima dalla “caverna” terrestre alla “vera Terra”, simbolo della realtà ultima. Il mito illustra il percorso dell’anima verso la conoscenza e la liberazione dalle illusioni.

La Repubblica: il “mito della Caverna” rappresenta l’uscita dell’anima dall’ignoranza verso la luce della verità. Inoltre, il “mito di Er” espande la visione cosmica, mostrando il ciclo delle anime attraverso l’universo e la responsabilità individuale nel determinare il proprio destino.

Fedro: Socrate descrive l’anima come un carro trainato da due cavalli, uno nobile e uno indisciplinato, rappresentando le forze contrastanti nell’uomo. L’anima che domina le sue passioni può ascendere al di sopra del cielo e contemplare le realtà divine.

L’amore come forza motrice

Nel “Simposio”, Platone esplora l’amore (eros) come forza che spinge l’anima verso la saggezza e la verità. L’amore è visto non solo come desiderio di bellezza fisica, ma come aspirazione alla bellezza assoluta e alla conoscenza. Questo amore divino è ciò che motiva il filosofo nel suo percorso di ricerca e lo spinge a condividere la sua saggezza con gli altri.

Il filosofo come benefattore dell’umanità

Platone enfatizza il convincimento che il vero filosofo non deve limitarsi a contemplare la verità, ma ha il dovere di tornare nel mondo per aiutare gli altri a raggiungere la conoscenza. Come nel “mito della Caverna”, il filosofo che ha visto la luce del Bene deve ritornare nella caverna per liberare gli altri prigionieri. Questo atto di altruismo riflette l’ideale più alto della filosofia platonica: il filosofo come guida e benefattore dell’umanità.

Conclusione

Abbiamo analizzato il ruolo dei miti nei dialoghi di Platone e del loro legame con la tradizione dei Misteri. Platone utilizza i miti come strumenti per comunicare verità filosofiche che vanno oltre le capacità del linguaggio razionale. Attraverso i miti, egli guida l’anima del lettore in un percorso di purificazione, riflessione e illuminazione. I miti platonici non sono semplici racconti, ma potenti mezzi per educare l’anima, risvegliare la memoria interiore e condurre l’individuo verso la saggezza e la verità ultima. La filosofia diventa così non solo una ricerca intellettuale, ma un cammino spirituale che culmina nel servizio altruistico all’umanità.

Lascia un commento

Crea un sito web o un blog su WordPress.com

Su ↑