L’essere delle cose e la percezione

È evidente per chiunque esamini gli oggetti della conoscenza umana, che questi sono: o idee impresse ai sensi nel momento attuale; o idee percepite prestando attenzione alle emozioni e agli atti della mente; o infine idee formate con l’aiuto della memoria e dell’immaginazione, riunendo, dividendo o soltanto rappresentando le idee originariamente ricevute nei modi precedenti. Dalla vista ottengo le idee della luce e dei colori, con i loro vari gradi e le loro differenze. Col tatto percepisco il duro ed il soffice, il caldo e il freddo, il movimento e la resistenza, ecc., e tutto questo in quantità o grado maggiore o minore. L’odorato mi fornisce gli odori; il gusto mi dà i sapori; l’udito trasmette alla mente i suoni in tutta la loro varietà di tono e di combinazioni. E poiché si vede che alcune di queste sensazioni si presentano insieme, vengono contrassegnate con un solo nome, e quindi considerate come una cosa sola.

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Ma oltre a questa infinita varietà di idee, o di oggetti della conoscenza, v’è poi qualcosa che conosce o percepisce quelle idee, ed esercita su di esse diversi atti come il volere, l’immaginare, il ricordare, ecc. Questo essere che percepisce ed agisce è ciò che chiamo “mente”, “spirito”, “anima”, “io”. Con queste parole io non indico nessuna mia idea, ma una cosa interamente diversa da tutte le mie idee e nella quale esse esistono, ossia dalla quale vengono percepite: il che significa la stessa cosa  perché l’esistenza di una idea consiste nel venir percepita.

Tutti riconosceranno che né i nostri pensieri né i nostri sentimenti né le idee formate dall’immaginazione possono esistere  senza la mente. Ma per me non è meno evidente che le varie sensazioni ossia le idee impresse ai sensi, per quanto fuse e combinate insieme (cioè, quali che siano gli oggetti composti da esse), non possono esistere altro che in una mente che li percepisce. Credo che chiunque possa accertarsi di questo per via intuitiva, se pensa a ciò che significa la parola “esistere” quando viene applicata ad oggetti sensibili. Dico che la tavola su cui scrivo esiste, cioè che la vedo e la tocco; e se fossi fuori del mio studio direi che esiste intendendo dire che potrei percepirla se fossi nel mio studio, ovvero che c’è qualche altro che attualmente la percepisce. C’era un odore, cioè era sentito; c’era un suono, cioè era udito; c’era un colore o una forma, e cioè era percepita con la vista o col tatto: ecco tutto quello che posso intendere con espressioni di questo genere. Perché per me è del tutto incomprensibile ciò che si dice dell’esistenza assoluta di cose che non pensano, e senza nessun riferimento al fatto che vengono percepite. L’esse delle cose è un percipi, e non è possibile che esse possano avere una qualunque esistenza fuori dalle menti o dalle cose pensanti che le percepiscono.

È infatti stranamente diffusa l’opinione che le case, le montagne, i fiumi, insomma tutti gli oggetti sensibili abbiano un’esistenza, reale o naturale, distinta dal fatto di venir percepiti dall’intelletto. Ma per quanto sia grande la certezza e il consenso con i quali si è finora accettato questo principio, tuttavia chiunque si senta di metterlo in dubbio troverà (se non sbaglio) che esso implica una contraddizione evidente. Infatti, che cosa sono, ditemi, gli oggetti sopra elencati se non cose che percepiamo con il senso? e che cosa possiamo percepire oltre alle nostre proprie idee o sensazioni? e non è senz’altro contraddittorio che una qualunque di queste, o una qualunque combinazione di esse, possa esistere senza essere percepita?

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Certe verità sono così immediate, così ovvie per la mente che basta aprire gli occhi per vederle. Tra queste credo sia anche l’importante verità che tutto l’ordine dei cieli e le cose che riempiono la terra, che insomma tutti quei corpi che formano l’enorme impalcatura dell’universo non hanno alcuna sussistenza senza una mente, e il loro “esse” consiste nel venire percepiti o conosciuti. E di conseguenza, finché non vengono percepiti attualmente da me, ossia non esistono nella mia mente né in quella di qualunque altro spirito creato, non esistono affatto, o altrimenti sussistono nella mente di qualche Eterno Spirito; poiché sarebbe assolutamente incomprensibile, e porterebbe a tutte le assurdità dell’astrazione, l’attribuire a qualunque parte dell’universo un’esistenza indipendente da ogni spirito…. Da ciò che si è detto risulta evidente che non esiste altra sostanza fuorché lo “spirito”, ossia ciò che percepisce.

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Ma, direte, anche se le idee stesse non esistono fuori della mente, possono tuttavia esserci cose simili a esse che esistano fuori della mente in una sostanza che non pensa e delle quali le idee siano copie o similitudini. Rispondo che un’idea non può essere simile ad altro che a un’idea; un colore o una forma non può essere simile ad altro che ad un altro colore e ad un’altra forma. Basta che guardiamo un po’ dentro al nostro pensiero per vedere che ci è impossibile concepire una somiglianza che non sia somiglianza fra le nostre idee. Di nuovo, io domando se quei supposti originali ossia quelle cose esterne, delle quali le nostre idee sarebbero ritratti o rappresentazioni, siano esse stesse percepibili o meno. Se sono percepibili, sono idee: e ho causa vinta. Se dite che non lo sono, mi appello al primo venuto perché dica se è buon senso affermare che un colore è simile a qualcosa di invisibile, che il duro e il soffice sono simili a qualcosa che non si può toccare, e così per il resto.

Berkeley, Trattato sui principi della conoscenza umana

 

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