La sostanza

Poiché, come ho già spiegato, lo spirito è provvisto di un gran numero di idee semplici, che gli vengono recate dai sensi così come si trovano nelle cose esterne, o dalla riflessione sulle sue proprie operazioni, esso osserva altresì che un certo numero di queste idee semplici vanno costantemente assieme; e poiché si presume che esse appartengano ad una medesima cosa, e le parole sono adattate alla nostra comune comprensione, e di esse si fa uso per un rapido scambio di idee, quelle idee, così riunite in un solo soggetto, vengono chiamate con un nome solo.

Ma poi, per disattenzione, siamo portati a parlare usando questo solo nome come se fosse il nome di una sola idea semplice, e a considerarlo tale; mentre invece si tratta di una complicazione di molte idee messe insieme. E questo, come ho già detto altrove, deriva dal fatto che non sappiamo immaginare in qual modo queste idee semplici possano sussistere da sole, e pertanto ci abituiamo a supporre l’esistenza di qualche “substratum” nel quale esse effettivamente sussistano e di cui siano il risultato: e quello chiamiamo, perciò, sostanza.

Per cui, se alcuno voglia consultare se stesso nei riguardi della sua nozione di una pura sostanza, in generale, troverà che non ne possiede altra idea se non quella di una supposizione di un qualche misterioso sostegno di quelle qualità che sono capaci di produrre in noi delle idee semplici; qualità che vengono comunemente chiamate accidenti.

Se a qualcuno venisse domandato quale sia il soggetto cui si trovano inerenti il colore o il peso, non avrebbe niente da dire se non che si tratta di parti estese e solide; e se gli si domandasse a che cosa sia inerente questa solidità e questa estensione, egli non si troverebbe in una posizione migliore di quell’indiano …. il quale, che ebbe detto che il mondo è sostenuto da un grande elefante, si sentì chiedere su che cosa poggiasse l’elefante; al che rispose: su una grande tartaruga; ma poiché si insisteva per sapere che cosa sostenesse questa tartaruga dalla schiena così ampia, rispose: qualcosa, che non sapeva che fosse.

E così qui, come in tutti gli altri vasi in cui usiamo certe parole senza avere delle idee chiare e distinte, noi parliamo come dei fanciullini: i quali, richiesti di che mai sia una data cosa, che non conoscono, prontamente danno questa soddisfacente risposta, che è qualcosa: il che invero non significa altro, quando così viene usato, sia dai bambini che dagli adulti, se non che ignorano di che si tratti; e che della cosa che pretendono di conoscere, e di parlare, essi non hanno la minima idea distinta, e perciò ne sono perfettamente ignoranti e all’oscuro.

Dunque, l’idea che noi abbiamo, e cui diamo il nome generale di sostanza, non essendo altro che il presunto, ma ignoto, sostegno di quelle qualità che scopriamo esistenti, e che non immaginiamo possano sussistere sine re substante, senza qualcosa che le sorregga, quel sostegno lo chiamiamo substantia; che, secondo il valore effettivo della parola, in semplice latino significa star sotto o sostenere.

Locke, Saggio sull’intelligenza umana

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