Il libro tratta i problemi filosofici e mostra – credo – che la formulazione di questi problemi si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio. Tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nelle parole: quanto può dirsi, si può dire chiaro; e su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
Il libro vuole dunque tracciare al pensiero un limite o piuttosto, non al pensiero, ma all’espressione dei pensieri: perché, per tracciare al pensiero un limite, dovremmo poter pensare ambo i lati di questo limite (dovremmo dunque poter pensare quel che pensare non si può).
Il limite potrà dunque essere tracciato solo nel linguaggio, e ciò che è oltre il limite non sarà che nonsenso.
Nel linguaggio comune avviene molto di frequente che la stessa parola designi in modo diverso – dunque appartenga a simboli diversi – o che due parole, che designano in modo diverso, esteriormente siano applicate nella proposizione allo stesso modo.
Così nascono facilmente le confusioni più fondamentali (delle quali la filosofia è tutta piena).
Per sfuggire questi errori dobbiamo impiegare un linguaggio segnico, il quale li escluda non impiegando, apparentemente nello stesso modo, segni che designano in modo diverso. Un linguaggio segnico, dunque, che obbedisca alla grammatica logica – alla sintassi logica.
Il più delle proposizioni e questioni che sono state scritte su cose filosofiche è non falso, ma insensato. Perciò a questioni di questa specie non possiamo affatto rispondere, ma possiamo solo stabilire la loro insensatezza. Il più delle questioni e proposizioni dei filosofi si fonda sul fatto che noi non comprendiamo la nostra logica del linguaggio.
Né meraviglia che i problemi più profondi propriamente non siano problemi.
Tutta la filosofia è “critica del linguaggio”.
La proposizione rappresenta il sussistere e non sussistere degli stati di cose.
La totalità delle proposizioni vere è la scienza naturale tutta (o la totalità delle scienze naturali).
La filosofia non è una delle scienze naturali.
Scopo della filosofia è la chiarificazione logica dei pensieri. La filosofia è non una dottrina, ma un’attività.
Un’opera filosofica consta essenzialmente di illustrazioni. Risultato della filosofia non sono “proposizioni filosofiche”, ma il chiarirsi di proposizioni.
La filosofia deve chiarire e delimitare nettamente i pensieri che, altrimenti, direi, sarebbero torbidi e indistinti.
Essa deve delimitare il pensabile e con ciò l’impensabile. Essa deve delimitare l’impensabile dal di dentro attraverso il pensabile.
Essa significherà l’indicibile rappresentando chiaro il dicibile.
Tutto ciò che possa essere pensato può essere pensato chiaramente. Tutto ciò che può formularsi può formularsi chiaramente.
Il senso della proposizione è la sua concordanza o discordanza con le possibilità del sussistere e non sussistere degli stati di cose.
La proposizione più semplice, la proposizione elementare, asserisce il sussistere di uno stato di cose.
Un segno della proposizione elementare è che nessuna proposizione elementare può essere in contraddizione con essa. La proposizione elementare consta di nomi. Essa è una connessione, una concatenazione, di nomi.
Le proposizioni della logica sono tautologie.
Le proposizioni della logica dicono dunque nulla. (Esse sono le proposizioni analitiche).
Teorie che facciano apparire munita di contenuto una proposizione della logica, sono sempre false.
Le proposizioni della logica descrivono l’armatura del mondo, o, piuttosto, la rappresentano. Esse “trattano” di nulla. Esse presuppongono che i nomi abbiano significato, e le proposizioni elementari senso: e questo è il loro nesso con il mondo. È chiaro che deve indicare qualcosa sul mondo il fatto che certi nessi di simboli – che per essenza hanno un determinato carattere – siano tautologie. In questo è il fatto decisivo. Dicemmo che nei simboli che usiamo qualcosa è arbitrario, altro no. Nella logica solo quest’altro esprime, ma ciò vuol dire: nella logica non siamo noi ad esprimere, con l’aiuto dei segni, ciò che vogliamo; nella logica è la natura stessa dei segni naturalmente necessari ad esprimere. Se conosciamo la sintassi logica di un qualsiasi linguaggio segnico, sono già date tutte le proposizioni della logica.
Il metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente questo: nulla da dire se non ciò che può dirsi; dunque proposizioni della scienza naturale – dunque, qualcosa che con la filosofia nulla ha da fare – e poi, ogni volta che altri voglia dire qualcosa di metafisico, mostrargli che, a certi segni nelle sue proposizioni, egli non ha dato significato alcuno. Questo metodo sarebbe insoddisfacente per l’altro – egli non avrebbe il senso che gli insegniamo filosofia – eppure esso sarebbe l’unico rigorosamente corretto.
Le mie proposizioni illustrano così: colui che mi comprende, infine le riconosce insensate, se è salito per esse – su esse – oltre esse. (Egli deve, per così dire, gettar via la scala dopo che vi è salito).
Egli deve superare queste proposizioni; allora vede rettamente il mondo.
Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere.
Wittgenstein, Tractatus logico – philosophicus
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