XXXII Grado “Sublimi Principi del Real Segreto” (Albert Pike)

La scienza occulta degli antichi Magi era celata negli antichi Misteri. Fu rivelata parzialmente e non senza errori di interpretazione dagli Gnostici. Se ne scorgono il fascino e le tracce negli enigmi che ancora avvolgono la vicenda dei Templari e del misterioso processo ad essi intentato. Si trova infine avvolta in formule arcane nei rituali degli ultimi gradi massonici.

La magia era la scienza di Abramo e di Orfeo, di Confucio e di Zoroastro. I dogmi di questa scienza erano scolpiti sulle tavole di pietra di Henoch e Trismegisto. Mosè li purificò e li “ri-velò”, li coprì cioè di un velo nuovo quando fece della sacra kabalah, il patrimonio religioso del popolo di Israele, segreto inviolabile ai suoi sacerdoti. Anche i Misteri di Tebe ed Eleusi avevano tramandato ai popoli alcuni simboli dell’antica tradizione ormai alterati, la cui chiave interpretativa era stata perduta fra gli strumenti di una sempre crescente superstizione. Gerusalemme, assassinata dai suoi profeti, e così spesso prostituitasi ai falsi idoli dei Siriani e dei Babilonesi, aveva perduto a sua volta la Parola Sacra, quando un Profeta, annunziato ai Magi dalla consacrata Stella dell’Iniziazione, venne a togliere via il logoro velo del vecchio tempio, per dare alla Chiesa nuove leggende e nuovi simboli che, oggi come ieri, celano al profano e rivelano all’eletto le stesse verità.

Fu il ricordo di questa scienza ispirata ma rigorosa, di questa dottrina riassunta in una sola parola, la Parola, alternativamente perduta e ritrovata, ad essere trasmesso agli Eletti di tutte le antiche tradizioni iniziatiche. Fu questo stesso ricordo, conservato nell’ordine dei Templari e quindi profanato, che diventò per tutte le società iniziatiche, dei Rosa+Croce, degli Illuminati e dei Frammassoni Ermetici, la ragione dei loro insoliti riti, dei loro segni di riconoscimento e, soprattutto, della loro reciproca devozione e della loro forza.

Come è noto, la Gnosi fu proscritta dai Cristiani e il Santuario fu chiuso. In questo modo la violenza e l’ignoranza travolsero l’antico sapere. La distruzione del Tempio comportò quella dello Stato; infatti, sempre, il Re è sostenuto dalla Chiesa, ed è dall’eterno santuario dell’istruzione divina che i potenti della terra, per assicurarsi una forza duratura, devono ricevere la loro consacrazione.

La scienza ermetica della prima era cristiana, coltivata anche da Geber, Alfarabius ed altri filosofi arabi, studiata dai capi dei Templari e trasmessa in forma simbolica nei più alti gradi della Libera Muratoria, può essere definita come Kabalah dell’azione, ovvero Magia dei lavori.

Si articola in tre gradi secondo tre programmi, religioso, filosofico e scientifico.

Sul piano religioso esse ha per scopo la fondazione durevole del vero impero e del vero sacerdozio che governa nel regno dell’intelletto umano. Sul piano filosofico mira a fondare una dottrina assoluta, conosciuta in tutti i tempi come la “Dottrina Sacra”, e della quale Plutarco, nel trattato De Iside et Osiride, parla molto, ma velatamente; a questo scopo è necessaria un’istituzione gerarchica per assicurare l’ininterrotta successione di adepti fra gli iniziati. Sul piano scientifico essa mira alla scoperta e all’applicazione del Microcosmo, della legge creativa che incessantemente popola il grande universo.

Misurate un angolo qualsiasi del creato, moltiplicate questo spazio secondo una data proporzione geometrica e l’Universo intero si aprirà ai vostri occhi con tutti i suoi mondi contenuti in segmenti corrispondenti e rapportabili alle misure del vostro compasso. Adesso supponete che da un punto qualsiasi dell’Infinito posto sopra di voi una mano regga un altro compasso o squadra. Ebbene le linee del Triangolo Celeste incontreranno necessariamente quelle del Compasso della Scienza, per formare il misterioso sigillo di Salomone.

Tutte le ipotesi scientificamente probabili sono gli ultimi barlumi del crepuscolo del sapere, o le sue ultime ombre.

La fede comincia dove la ragione si esaurisce.

Al disopra della ragione umana vi è la ragione divina, alla quale è possibile quel che per noi è assurdo, l’assurdo infinito, che ci confonde e a cui crediamo.

Così, per il Maestro il Compasso della Fede è al disopra della Squadra della ragione, ma entrambi posano sulle Sacre Scritture e si uniscono fino a formare la Stella della Verità.

Non tutti gli occhi vedono ugualmente.. Anche il creato non è, per tutti quelli che lo guardano, della stessa forma e colore. Il nostro cervello è come un libro stampato e i suoi caratteri sono, per la totalità degli uomini, più o meno confusi.

Il fondamentale insegnamento adombrato nella “Rivelazione” è tramandato nella Kabalah dei Sacerdoti di Israele. La dottrina kabalistica, che era anche il dogma dei Magi e di Hermes, è contenuta nella Sepher yetsairah, nel Sohar e nel Talmud. Secondo questa dottrina l’Assoluto è l’Essere nel quale è la Parola. Parola che è affermazione e espressione dell’essere e della vita.

Magico è ciò che è, che è di per se stesso come la matematica che è l’esatta e assoluta scienza della natura e delle sue leggi.

Magica è la scienza degli antichi Magi, e la religione cristiana, che ha ridotto al silenzio gli oracoli e messo fine al potere dei falsi dei, essa stessa però dà credito ai Magi che vennero dall’Oriente, guidati da una stella, per adorare il Salvatore del mondo nella sua culla.

La tradizione dà a questi Magi il titolo di “Re”, perché l’iniziazione nella magia costituisce una genuina regalità e perché la grande arte dei Magi è definita da tutti gli adepti quale Arte Reale, il Regno Santo o Impero, Sanctum Regnum.

La stella che li guidò è la stessa che troviamo raffigurata in tutte le tradizioni iniziatiche.

Per gli alchimisti essa è il segno della Quintessenza, per i Magi il Grande Arcano, per i Kabalisti il Sacro Pentagramma.

Lo studio di questo Pentagramma non poté che condurre i Magi alla conoscenza del Redentore che stava sorgendo sull’orizzonte e faceva inginocchiare tutte le creature che avevano fede nel Verbo di Dio.

La Magia riunì in una sola varie scuole filosofiche, riconoscendosi nella religione dell’Infallibile e dell’Eterno. Essa riconcilia perfettamente e incontestabilmente termini che, a prima vista, sembrano fra loro opposti: fede e ragione, scienza e religione, autorità e libertà. Dà inoltre alla mente umana uno strumento di indagine speculativa e spirituale, rigoroso come la matematica e garante dell’infallibilità della matematica stessa.

Così vi è un Assoluto, termine limite dell’intelligenza e della Fede. La suprema ragione non ha lasciato che i barlumi della comprensione umana vacillassero nell’incertezza.

Vi è un’incontestabile verità e vi è un metodo infallibile per giungere ad essa. Quelli che l’accettano come una regola possono dare alla loro volontà un potere sovrano che li renderà padroni di tutte le cose e di tutti gli spiriti erranti, li renderà arbitri e re del mondo.

La scienza alterna momenti di ombra e di splendore, infatti l’intelletto umano procede verso le sue conquiste per gradi e secondo un processo che ha fasi regolari.

Nella vera luce riscopriamo ciò che ci sembrava nascosto, ma niente di ciò che scopriamo è assolutamente nuovo. Dio ha dato alla Scienza, che è il riflesso della Sua gloria, il suggello della Sua eternità.

Non è nei libri dei filosofi, ma nel simbolismo religioso degli Antichi, che dobbiamo cercare le impronte della Scienza e riscoprire i misteri del sapere.

I sacerdoti dell’Egitto conobbero, prima e meglio di noi, le leggi del movimento della vita. Essi sapevano come mitigare o intensificare l’azione con la reazione; e puntualmente previdero la realizzazione di certi effetti, dopo averne identificato le cause. Le Colonne di Seth, Enoch, Salomone ed Ercole hanno simbolizzato, nelle Tradizioni della Magia, la legge universale dell’Equilibrio. La scienza dell’equilibrio condusse a concepire una sorta di legge di gravitazione universale attorno ai centri della vita, del calore e della luce.

Talete e Pitagora appresero nei santuari d’Egitto che la Terra gira intorno al Sole, ma non lo resero noto, poiché per farlo sarebbe stato necessario rivelare uno dei grandi misteri del Tempio: quella legge di attrazione e di repulsione, di simpatia e antipatia, di fissità e di movimento, che è il principio della creazione e la causa perpetua della vita.

Questa verità fu messa in ridicolo dal cristiano Lattanzio e in seguito, per effetto della persecuzione del Papato di Roma, si pensò di averne provata definitivamente la falsità.

Così ragionavano i filosofi, mentre i sacerdoti, senza deriderli né polemizzare con loro, trasmisero i principi segreti dell’antica verità secondo i simboli la cui interpretazione ha originato tutti i dogmi.

Quando arriva la verità del mondo, la stella della Sapienza informa i Magi, i quali si affrettano ad adorare il divino Infante. E’ solo con la comprensione di un utile ordine gerarchico, e quindi con l’obbedienza, che una persona giunge all’Iniziazione. Se i capi hanno un diritto divino al governo, il vero iniziato obbedirà loro fedelmente.

L’antica tradizione fu dalla Caldea portata nella sua forma originaria da Abramo. Essa dominò in Egitto al tempo di Giuseppe, assieme alla conoscenza del vero Dio. Mosè portò fuori dall’Egitto l’antica scienza e, nelle tradizioni segrete della Kabalah, troviamo una teologia perfetta, organicamente enunciata come quella che nel Cristianesimo è ampiamente spiegata dai Dottori della Chiesa. Il tutto con una consistenza e un’armonia che finora non è dato al mondo di penetrare.

Il Sohar, che è la chiave delle Sacre Scritture, scopre in tutta la profondità le luci e le ombre delle antiche mitologie e delle scienze originariamente celate nei santuari.

Il segreto di questa chiave deve essere conosciuto perché uno possa servirsene, e anche per gli intelletti più sottili, non iniziati al segreto, il Sohar è assolutamente incomprensibile e quasi illeggibile.

Il segreto delle scienze occulte è quello della stessa natura, il segreto della generazione degli Angeli e dei Mondi, quello dell’Onnipotenza di Dio.

“Voi sarete come l’Elohim, conoscendo il bene e il male” disse il serpente della Genesi, e l’albero del Signore diventò l’albero della Morte.

Da seimila anni i martiri del sapere lavorano e muoiono ai piedi di questo albero, che potrebbe diventare di nuovo l’albero della Vita.

L’Assoluto, cercato invano dagli stolti e trovato dai saggi, è la verità, la realtà e la ragione dell’equilibrio universale, l’equilibrio è l’armonia che risulta dall’analogia dei contrari.

Finora l’umanità ha cercato di reggersi su di un piede, ora sull’uno, ora sull’altro.

Le civiltà umane sono nate e perite sia per l’anarchica follia del dispotismo che per la dispotica anarchia della rivolta.

Organizzare l’anarchia è il problema che i rivoluzionari hanno, ed eternamente avranno, da risolvere. E’ il Macigno di Sisifo che ricadrà sempre su di loro.

Per esistere un solo minuto essi sono, e sempre saranno, ridotti dalla fatalità ad improvvisarsi tiranni, esercitando un potere necessariamente dispotico, violento e cieco, come la necessità. Noi lasciamo l’olimpica e serena sovranità della ragione per cadere sotto il dominio della follia.

Alcune volte un’esaltazione superstiziosa, altre volte i meschini calcoli dell’umana ambizione hanno portato fuori strada i popoli. Ma Dio, alla fine, riconduce l’umanità alla fede nella ragione.

Abbiamo avuto troppi profeti senza filosofia e filosofi senza religione; i credenti, ciechi, scettici, si rassomigliano e sono tutti lontani dalla verità.

Nel caos del dilemma universale che scatena conflitti tra la ragione e la fede, i grandi sapienti si sono mostrati deboli e privi di equilibrio, sempre alla ricerca dell’ideale, a rischio e pericolo della loro stessa ragione di vita. Vivendo solo nella speranza di essere incoronati, essi sono i primi a fare ciò che Pitagora raccomanda di non fare nel suo mirabile Simboli. Essi strappano corone e le calpestano sotto i piedi.

  • La luce è l’equilibrio tra le tenebre e l’accecante raggio del Sole.
  • Il movimento è l’equilibrio tra l’Inerzia e l’Attività.
  • L’Autorità è l’equilibrio tra la Libertà e il Potere.
  • La Saggezza è l’equilibrio nei pensieri, le scintille che irradiano nell’Universo.
  • La virtù è l’equilibrio negli affetti: la bellezza è l’armonica proporzione delle forme.
  • Vite belle sono quelle regolate, e le meraviglie della natura sono un’algebra di grazia e di splendore.
  • Tutto ciò che è giusto è bello; ogni cosa bella dovrebbe essere giusta.

Nell’Universo non vi è nessun “Niente”, alcuna cosa inutile e vuota. Dal punto più alto e lontano della nostra atmosfera al sole, fino ai pianeti e alle stelle più remote, in tutte le direzioni, per centinaia di secoli l’uomo ha immaginato che vi fosse un semplice, inutile spazio vuoto. Comparando le limitate nostre conoscenze con l’infinito risulta che i filosofi sapevano poco più delle scimmie. In tutto questo spazio “vuoto” vi sono infinite forze di Dio, agenti in una illimitata varietà di direzioni, mai inattive. Questa è la Luce, manifestazione visibile di Dio, attiva attraverso la Sua totale Infinità. La terra e ogni altro pianeta o corpo celeste che non sia un centro di luce trascina con sé il suo cono d’ombra mentre vola e lampeggia nel percorso della sua orbita; ma l’oscurità non è di casa nell’universo. Per illuminare la sfera da una parte proietta un cono d’oscurità nell’altra. L’Errore è l’ombra della Verità con cui Dio illumina l’anima.

In tutto questo “vuoto” vi è una misteriosa e sempre attiva energia, il calore e l’onnipresente etere. Per volontà di Dio l’invisibile diventa visibile. Due gas invisibili, combinandosi e comprimendosi, si trasformano e formano l’acqua che riempie i grandi bacini degli oceani, scorre nei fiumi e nei ruscelli, scaturisce dalle sorgenti dalle rocce, cade sulla Terra come pioggia, la imbianca con le nevi, copre il Danubio di ghiaccio o si raccoglie in vasti bacini nel cuore della Terra. Dio riempie tutta l’estensione che noi solitamente chiamiamo “spazio vuoto”.

In qualunque luogo dell’Universo, ciò che chiamiamo vita deriva da un continuo conflitto di forze o impulsi. Quando ha fine questo contrasto risultano immobilità e inerzia, simbolo di morte.

Dice la Kabalah che se la giustizia di Dio, che è “Severità” o “Femmina”, regnasse da sola la creazione di esseri imperfetti come l’uomo sarebbe stata impossibile. Infatti, essendo il peccato congenito all’umanità, commisurandolo con l’Infinità di Dio, la Giustizia infinita avrebbe dovuto annientare l’Umanità all’istante della sua creazione, e non solo l’Umanità ma anche gli Angeli poiché anche essi, come tutto ciò che Dio ha creato, sono peccatori. Nulla di imperfetto sarebbe stato possibile. Se, d’altra parte, la misericordia o benevolenza di Dio, il “Maschio”, non fossero in alcun modo stati offesi, il peccato sarebbe rimasto impunito e l’Universo sarebbe caduto in un caos di corruzione.

Fate sì che Dio annulli un solo principio o legge di attrazione o di coesione della materia e le forze contrarie equilibrate nella natura, liberate dalla gravità, tutto istantaneamente si trasformerebbe in impalpabile e invisibile gas, come l’acqua che compressa in un cilindro e portata a ebollizione da quella misteriosa energia che chiamiamo calore è liberata alla fine sotto forma di vapore.

Incessantemente le grandi correnti e canali di aria si spostano dall’Equatore alle gelide regioni polari e, di nuovo, ai torridi regni equatoriali. Logica conseguenza di questi grandi, immensi, equilibrati e benefici movimenti, causati dal contrasto del calore equatoriale con il freddo polare, sono i tifoni, i tornado, i cicloni che scaturiscono dallo scontro delle correnti in moto.

Questi e i benefici venti alisei provengono dalla stessa legge. Dio è onnipotente, ma gli effetti senza causa sono impossibili e questi effetti possono talvolta essere negativi. Il fuoco non potrebbe scaldare la carne se non potesse bruciarla. I veleni più potenti sono tra i farmaci più efficaci se somministrati nella giusta quantità.

Il male è l’ombra del bene e da esso è inseparabile.

La Saggezza divina limita con giusta moderazione l’onnipotenza del divino volere e il risultato è la bellezza e l’armonia del creato. Gli archi non poggiano su di una sola colonna, ma raccordano l’una all’altra. Così è anche per la giustizia e misericordia divina, per la ragione e la fede.

La teologia della Scolastica, derivata dalle categorie di Aristotele e dalle sentenze di Pietro Lombardo, la logica del sillogismo, che discute invece di ragionare, e trova una risposta ad ogni quesito col sottilizzare sulle parole, ignorò completamente il dogma kabalistico e andò vagando nella triste vacuità delle tenebre. Era una delle tante filosofie, e non la vera sapienza che ha al suo arco ben altre frecce e, aggirando gli ostacoli, mette a nudo la verità. Non era l’umano verbo, ma il monotono sibilo di una macchina, l’inanimato balbettio di un androide. Era solo la precisione di un artificioso meccanismo, non la libera ricerca di razionali necessità a cui si applica l’intelletto. San Tommaso d’Aquino spazzò via con un semplice soffio tutta questa impalcatura di parole, costruite una sull’altra, proclamando l’eterno impeto della ragione, con quella magnifica frase: “Una cosa non è giusta perché Dio la vuole, ma Dio la vuole perché è giusta”. La prima conseguenza di questa asserzione, considerata attentamente, è la seguente: “Una cosa non è vera perché l’ha detta Aristotele, ma ragionevolmente Aristotele non avrebbe potuto dirla se non fosse stata vera. Cercate, quindi, prima di tutto, la verità e la giustizia. Poi tutta la scienza di Aristotele vi sarà data come dono ulteriore”.

E’ un’immagine degna del più grande dei poeti, quella dell’Inferno, per cui si scopre la propria inutilità quando il Cielo che si stava per conquistare si chiude sulla nostra testa. In altri termini, è vero che il bene deve trionfare definitivamente sul male e stabilire il suo regno per l’eternità. Così racconta la leggenda persiana di Ahriman che coi suoi ministri del male si sarebbe alla fine, per opera di un Redentore e Mediatore, riconciliato con Dio e ogni male sarebbe scomparso. Ma non si devono neppure dimenticare le leggi dell’equilibrio e pretendere di ricevere la Luce da una fonte che risplende senza ombra o il movimento da un assoluto stato di quiete come la fine della vita. Finché ci sarà una luce visibile, vi sarà un’ombra proporzionale ad essa e qualunque cosa, illuminata, formerà un suo cono d’ombra. Il riposo non darà mai felicità, se non sarà corretto da un movimento analogo e contrario. Questa è l’immutabile legge della natura, l’eterna volontà della giustizia, che è Dio.

Dunque all’umanità sono necessari il male e il dolore come è indispensabile la salsedine dell’acqua dei mari. Anche qui l’armonia può derivare soltanto dall’equilibrio dei contrari e e le montagne esistono in ragione della profondità dei mari. Se si riempissero le valli le montagne scomparirebbero; così se eliminassero le ombre, la luce, che è solo visibile col giusto contrasto di oscurità e splendore, sarebbe annullata producendo come effetto una totale cecità.

Anche i colori della luce esistono per la presenza dell’ombra. C’è dunque un’alleanza tra il giorno e la notte, luminosa immagine della verità per la luce diventata ombra. Così il Salvatore è il Verbo diventato uomo. Tutto ciò è in accordo con la fondamentale legge della creazione, l’unica e assoluta legge della natura, quella della distinzione e dell’armonico rapporto delle forze contrarie nell’equilibrio universale.

Le due grandi colonne del Tempio, simbolizzanti l’Universo, sono la necessità, ovvero l’onnipotente volere di Dio a cui niente e nessuno può disubbidire, e la libertà, cioè la libera volontà delle Sue creature. Sembra dunque che, nonostante le diversità che separano tra di loro gli esseri umani, la ragione sia capace di mostrare la possibilità che tendenze contrarie convivono insieme.

Il potere e la saggezza di Dio potrebbero così governare l’Universo e l’infinita catena di rapporti causativi per lasciare al tempo stesso libertà d’azione all’uomo, prevedendo ciò che ognuno in qualsiasi istante potrebbe pensare o fare, usare la libertà d’azione di ciascuno come uno strumento di cui avvalersi per scopi rispondenti al progetto divino. Del resto anche un uomo, prevedendo l’azione altrui, senza considerarla né determinarla, può giovarsene per raggiungere i propri scopi.

Il risultato è l’Armonia, la terza colonna che sostiene la Loggia. La stessa Armonia risulta dall’associazione tra la necessità e la libertà.

Ne deriva la stabilità, coesione e permanenza nell’Universo, assoluto dominio di Dio. La vittoria, la gloria, la stabilità e il dominio sono appunto gli ultimi quattro Sephiroth della Kabalah.

“Io sono” dice Dio a Mosè “ciò che è, era e sarà per sempre”. Ma il vero Dio, nella sua essenza, concepito come increato e Unico, non ha nome. Tale era la dottrina di tutti i Saggi ed è così specificatamente dichiarato nella Kabalah. Dato che Dio mai “non era stato”, così Egli “mai non pensò”. Perciò l’Universo non ha mai avuto un inizio, come il pensiero divino di cui è l’espressione, e come Dio stesso. La nascita dell’Universo è solo un punto a mezza strada sulla linea infinita dell’eternità: il Creatore non fu mai inattivo durante l’eternità che si estende dietro questo punto.

L’Architetto dell’Universo esiste da sempre nella Mente Divina. La parola era in principio con Dio, anzi era Dio stesso. E l’Ineffabile Nome è quello, non della vera essenza, ma dell’Assoluto che si manifesta come Essere o Esistenza. Per l’Esistenza o l’Essere, dicevano i sapienti, c’è una limitazione. Invece l’essenza di Dio non è limitata né definita, ma tutto ciò che può presumibilmente essere, oltre tutto ciò che è, era e sarà.

Invertendo le lettere dell’Ineffabile Nome e dividendole, abbiamo una parola composta, Yud-he o Jah. Cominciamo a intendere qualcosa dell’oscuro linguaggio della Kabalah. L’espressione sta per “il più alto” e le colonne Jachin e Boaz ne sono i simboli.

Si dice che “Dio creò l’uomo a sua immagine; li creò maschio e femmina”, e lo scrittore, simbolizzando il divino con l’umano, aggiunse che la donna, prima contenuta nell’uomo, fu poi tratta dal suo fianco.

Così Minerva, dea della Sapienza e donna in armi, nacque dalla testa di Giove, e dentro Brahma, la fonte di tutto, il vero Dio senza sesso né nome, si sviluppò Maya, la madre di tutto ciò che è. La Parola è prima e sola procreata dal Padre, ed il rispetto con il quale erano considerati i Misteri maggiori ha imposto il silenzio sulla natura dello Spirito Santo. La Parola è la Luce e la vita dell’umanità.

Spetta agli adepti penetrare il significato dei simboli. Torniamo ora ai gradi della Massoneria Blu e cerchiamo una possibile spiegazione di alcuni simboli.

Voi vedete sull’altare la Squadra e il Compasso e, certamente, ricordate come essi siano sempre presenti sull’altare di ogni grado.

La squadra è uno strumento adatto solo su superfici piane e per questo è impiegato nella geometria, o “misurazione della terra”.

Il compasso è uno strumento che ha relazione con le sfere e le superfici sferiche, adatto alla trigonometria, ossia quel ramo della matematica che si interessa dei cieli e delle orbite dei corpi planetari.

La Squadra perciò è il simbolo naturale e appropriato di questa terra e delle cose che le appartengono; il Compasso è egualmente il simbolo naturale e appropriato dei Cieli e di tutte le cose e degli esseri dell’Universo.

Esiste un simbolo ermetico che apparve una prima volta nell’Athos Philosophorum di Basilio Valentino stampato a Francoforte nel 1613.

La tavola, piena di disegni ermetici e di simboli massonici, costituisce un’allegoria: su un globo alato, inserito in un triangolo rettangolo, riposa un drago sul quale domina una figura umana con due teste contornate dal sole, dalla luna e da cinque stelle. La figura maschile tiene in mano il compasso che rappresenta il principio generativo dell’uomo, mentre la figura femminile sorregge la squadra quale simbolo della procreazione della donna.

Si tratta, evidentemente, della sovrapposizione del compasso alla squadra con la rappresentazione della trasmutazione del talismano ermetico nei simboli massonici.

I cieli e la terra erano personificati come deità anche fra glia Ariani europei, dagli Indù della Zend, e dai Persiani; e il Rig Veda Sanhita contiene inni a loro indirizzati come dei. Essi erano deificati anche tra i Fenici e fra i Greci, dove Urano e Gea, Cielo e Terra, furono cantati da Esiodo come le più antiche deità.

Gea è la più grande, fertile, magnifica madre, la Terra che produce senza limiti tutto ciò che serve all’uomo. Dal suo fecondo e fertile seno vengono, a seconda delle stagioni, frutta grano e fiori. Da essa proviene tutto ciò che alimenta le creature terrestri e che l’uomo utilizza per lavoro o per cibarsi.

Nel suo grembo si trovano gli utili e preziosi minerali. Suoi sono i mari che pullulano di vita, suoi i fiumi che danno acqua e cibo. Sue le montagne su cui scorrono le acque che si riversano in questi fiumi. Sue le foreste che alimentano i sacri fuochi per i sacrifici e brillano nei focolari domestici.

La Terra per questo era sempre rappresentata come una donna, la grande produttrice, la grande, generosa, benefica Terra.

D’altra parte la luce e il calore del Sole nei Cieli e le piogge, che sembrano provenire da loro, rendono fruttifera questa Terra, ridandole vita e calore dopo l’inverno. Come gli agenti generativi e procreativi, il Cielo e il Sole sono stati da sempre considerati maschi, procreatori che fecondano la Terra e la fanno produrre.

La figura ermafrodita rappresenta dunque la doppia natura, anticamente attribuita alla Deità che è a un tempo procreatore e generatrice, maschio e femmina come Brahma e Maya fra gli Ariani, Osiride e Isis fra gli Egizi. Dato che il Sole era maschio, così la Luna era femmina e Isis era contemporaneamente sorella e moglie di Osiris. Il compasso perciò era il simbolo ermetico della Deità creativa e la Squadra della Terra feconda.

Il Genesi dice che Jehovah creò l’uomo con la polvere della terra e soffiò nelle sue narici l’alito della vita. Attraverso le sette sfere planetarie, rappresentate dalla mistica scala delle Iniziazioni Mitriache (la scala che Giacobbe vide nel suo sogno), le Anime, emanazioni della Deità, discesero per unirsi ai corpi umani. Attraverso queste sette sfere debbono poi risalire per tornare alla loro origine e dimora, nel seno di Dio.

Il Compasso perciò, quale simbolo del Cielo, rappresenta la parte spirituale, intellettuale e morale di questa doppia natura dell’umanità; e la Squadra, simbolo della Terra, la sua parte materiale e sensuale.

“Verità e intelligenza” disse una delle antiche scuole di filosofi indiani “sono gli eterni attributi di Dio, non della singola anima che è sapiente e ignorante, soffre e gode. Perciò Dio e la singola anima sono distinti”.

Questa espressione degli antichi filosofi Nyaya in merito alla Verità ci è stata trasmessa attraverso una lunga successione di tempi, nelle lezioni della Libera Muratoria, in cui leggiamo che “la Verità è un attributo divino e il fondamento di ogni virtù”; “quando è incorporata nella materia” – essi dicevano – “l’anima si trova in uno stato di prigionia, ed è sotto l’influenza delle passioni umane; ma quando, purificatasi, arriva alla conoscenza degli elementi e principi della natura, raggiunge il posto dell’Eterno nel cui stato di grazia la sua individualità non cessa”.

Fu sostenuto anche dai filosofi Indù che la vitalità che anima le forme mortali, il “soffio della vita” di cui si parla nel Genesi, perisce con essa. L’anima infatti è divina, un’emanazione dello spirito di Dio, ma non una sua parte. Essi la paragonarono al calore e alla luce del sole, o ad un raggio di quella luce, che non diminuisce né divide la sua essenza.

Comunque creata o dotata di esistenza individuale, l’anima, che è soltanto emanazione divina, non può conoscere il modo della sua creazione, né capire le sua propria individualità. Non può neanche capire come l’essere, nel cui corpo essa si trova, può provare dolore, vedere, udire i rumori e l’armonia della musica o distinguere i profumi dei fiori.

Il Creatore si è compiaciuto di porre dei limiti alle capacità della nostra umana ragione. Perciò, se siamo capaci di concepire nella nostra mente l’idea di una creazione, Egli ha voluto sottrarla alla nostra totale comprensione con un velo impenetrabile. Ma le parole usate per esprimere il suo gesto non hanno altro significato che “Egli fece sì che l’Universo cominciasse a esistere”.

Ci è sufficiente sapere, come la Massoneria insegna, che non siamo completamente mortali; che l’anima e lo spirito, la nostra parte raziocinante e intellettuale, il nostro vero “me stesso”, non è soggetto a guastarsi né a dissolversi, ma è un elemento immateriale che sopravvive alla morte del corpo, è suscettibile di miglioramento, ci consente di progredire nella conoscenza delle cose divine, di diventare più saggi e migliori e sempre più meritevoli di immortalità. Soprattutto ci insegna che aiutare e migliorare gli altri e tutta l’umanità è la più nobile ambizione e la più alta opera che possiamo pensare di conseguire in questa breve, imperfetta esistenza.

In ogni essere umano il divino e l’umano sono inscindibili. In ognuno vi è la ragione e il senso morale, le passioni che istigano al male e gli appetiti dei sensi.

“Se vi fate schiavi della carne, morirete,” – disse Paolo scrivendo ai cristiani di Roma – “ma se attraverso lo spirito mortificherete gli istinti del corpo, voi vivrete. Perché quanti sono guidati dallo spirito di Dio sono figli di Dio”.

“La carne lotta contro lo spirito e lo spirito contro la carne” – egli affermò scrivendo ai cristiani di Galazia – “e sono contrari l’uno all’altra così che voi non potrete mai obbedire a entrambi”. “Ciò che faccio non lo faccio volontariamente” – egli scrisse ai Romani -“perché non faccio ciò che vorrei, ma ciò che detesto. Non sono più io a fare, ma il peccato che abita in me. Il volere è presente in me, ma io non so come fare ciò che è bene. E non facendo il bene che vorrei fare, faccio il male che vorrei evitare. Trovo quindi una regola: che quando desidero fare del bene, il male è presente in me. Così mi delizio nella legge di Dio, seguendo l’uomo che è in me; ma vedo un’altra legge contraria alla legge della mia mente portarmi a obbedire alla legge del peccato che è in me stesso …. così allora con la mia mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato”.

La vita è una battaglia e combatterla eroicamente è lo scopo dell’esistenza di ogni uomo che sia preparato a viverla degnamente. Per respingere le forti correnti avverse, per avanzare malgrado tutti gli ostacoli, strappare alla fortuna la vittoria, per diventare un capo o un condottiero, per salire di rango e potenza con l’eloquenza, il coraggio, la perseveranza, lo studio, l’energia, l’operosità, senza lasciarsi scoraggiare dagli insuccessi, dai ritardi e dai rischi, per guadagnare ricchezza, per soggiogare gli uomini con il nostro intelletto, gli elementi avversi con la nostra audacia, per aver successo e prosperare, non c’è, secondo la generale opinione, modo diverso che combattere degnamente la battaglia della vita. Anche avere successo negli affari grazie a un’audacia che non si ferma di fronte ai rischi e che è suscitata a ogni occasione, o grazie alla sagacia e prudenza del mercante o dell’operatore poco scrupoloso, sono cose ritenute motivo di grande successo nella vita.

Ma la battaglia più grande e nella quale si guadagna il vero onore e l’autentico successo è quella che il nostro intelletto, la nostra ragione, il nostro senso morale, la nostra natura spirituale combattono contro l’istinto dei sensi, le cattive passioni e le lusinghe del materialismo. E’ qui che troviamo la vera gloria, l’eroismo coronato dalla vittoria, qui soltanto il successo ci dà il diritto al trionfo.

In ogni vita umana si combatte questa battaglia e quelli che vincono in altri campi spesso subiscono ignominiose disfatte, disastrose rotte e vergognose sconfitte in questa guerra incessante.

Avete appreso oltre questa più di una definizione della Libera Muratoria. Le più vere e profonde dovete però ancora conoscerle. Già all’Apprendista, al Compagno, al Maestro viene insegnato a interpretare tali simboli.

Quella qui suggerita è una definizione di ciò che è la Libera Massoneria, dei suoi veri scopi, della sua vera essenza e del suo spirito. Essa ha, per ciascuno di noi, la forza e la sacralità di una legge divina e ci impone un obbligo solenne.

Vengono insegnati all’Apprendista, come a voi, i simboli del Compasso e della Squadra sui quali, come pure sul Libro della Legge sacra e sul Libro delle leggi delle Grandi Costituzioni, avete assunto i vostri obblighi.

Come Cavaliere, vi è stato illustrato il simbolo della spada che rappresenta l’onore e il dovere, vi è stato insegnato il significato della Bilancia, simbolo di ogni equilibrio e della Croce, simbolo di devozione e sacrificio; ma tutti i simboli, sia per gli Apprendisti che per i Maestri, per i Cavalieri e per i Principi, sono riconducibili al Compasso e alla Squadra.

Nel grado di Apprendista le punte del Compasso sono sotto la Squadra; per i compagni una punta è sopra e l’altra sotto. Per il Maestro ambedue sono sopra, perché nel terzo grado si giunge al controllo e all’imperio della materia simboleggiata dalla Squadra.

La Libera Massoneria è la sottomissione dell’uomo al Divino, il dominio dei desideri e delle passioni e l’affermazione del senso morale e della ragione per via di sforzi, lotte e guerre continue, sostenute dallo spirito contro la natura materiale e sensuale dell’uomo. Quando questa vittoria è stata raggiunta e assicurata e il conquistatore può infine riposarsi sul suo scudo e adornarsi del ben meritato alloro, è il vero Sacro Impero.

Per raggiungerlo il Massone deve prima arrivare al solido convincimento, fondato sulla ragione, che egli ha in sé una natura spirituale, un’anima che non muore quando il corpo è decomposto, ma continua ad esistere e ad andare verso la perfezione, attraverso gli stadi dell’eternità. Così egli vede con sempre maggiore chiarezza e, avvicinandosi a Dio, avverte la luce della divina presenza.

Ciò gli insegna la Filosofia del Rito Scozzese Antico e Accettato che lo incoraggia a perseverare aiutandolo a credere che la sua libera volontà è interamente conforme all’onnipotenza e onniscienza di Dio.

Dio non è soltanto dotato di potere infinito e di infinita saggezza, ma di infinita misericordia e infinità pietà e amore per le fragili e imperfette creature del mondo.

Ogni grado del Rito Scozzese Antico e Accettato dal 1° al 33° insegna, con il suo cerimoniale e con i suoi ammaestramenti, che lo scopo più nobile della vita e il più alto dovere di un uomo è di combattere incessantemente e risolutamente al fine di raggiungere una totale padronanza di sé e porre ciò che in lui è spirituale e divino al di sopra di ciò che è materiale e sensuale. Così anche in lui, come nell’universo che Dio governa, Armonia e Bellezza saranno il risultato di un giusto equilibrio.

Un altro insegnamento vi è stato impartito in quei gradi, conferitivi nella Loggia di Perfezione che imprime in particolare il carattere della moralità e operatività della massoneria. Vi fu chiesto di essere sincero e onesto in tutte le vostre azioni, anche a costo di enormi sacrifici, caritatevole anche quando l’egoismo vi spingesse a chiudere la mano, a rimanere insensibile di fronte ai bisognosi; di giudicare sempre giustamente e imparzialmente, di essere tolleranti quando la passione vi trascina all’intolleranza e alla persecuzione, di fare ciò che è giusto quando il male sembra promettervi un più grande beneficio e di non portar via ad alcuno le cose che gli appartengono.

In tutte queste obbligazioni e in altre che avete giurato nei vari gradi la vostra natura spirituale viene educata e incoraggiata per poter imporre il suo giusto dominio sopra i vostri desideri e le vostre passioni.

I gradi filosofici vi hanno insegnato il valore del sapere, l’eccellenza della Verità, la superiorità del lavoro intellettuale, l’infinità e la grandezza della vostra anima, il valore dei grandi e nobili pensieri. La Massoneria si è sforzata così di assistervi ad elevarvi al di sopra dell’avidità e delle passioni che scatenano tante miserabili lotte per soddisfare sfrenate ambizioni.

Voi siete spinti invece a trovare più puri piaceri e più nobili ricompense nell’acquisizione del sapere, l’ampliamento dei vostri orizzonti intellettuali, l’interpretazione delle Sacre Scritture e nelle grandi pagine del libro della natura.

I gradi cavallereschi vi hanno condotto sulla stessa strada mostrandovi le superiorità della generosità, della clemenza, del perdono delle offese, della magnanimità, dello sprezzo del pericolo e dei più alti obblighi del dovere e dell’onore.

Vi hanno insegnato a superare la paura della morte, a dedicarvi alla grande causa della libertà civile e religiosa, ad essere paladini di tutto ciò che è giusto e vero anche a costo della vita, ad essere orgogliosi della vostra dignità di Principe del Real Segreto e ad essere di esempio ai vostri Fratelli che a voi guardano quali fari di costante riferimento per acquisire maggior coraggio e più fulgida luce.

Con tutto questo voi confermate la vostra superiorità e il diritto al dominio di ciò che è spirituale e divino.

Nessuna meschina paura del pericolo e della morte, nessuna sordida ambizione e deplorevole avidità possono spingere un vero Principe al disonore e rendere così schiavi il suo intelletto, la sua ragione, la sua anima.

Non è possibile creare una Fratellanza vera e genuina finché la viltà può sfiorare anche soltanto uno dei suoi membri; o se l’attività intellettuale viene limitata in discorsi astratti sulla natura di Dio, e su altri problemi di fede religiosa, né con l’insediamento di un sistema di associazione utile al reciproco beneficio e con il quale, in considerazione delle quote versate, ognuno abbia diritto ad una scontata solidarietà in caso di bisogno.

Non vi può essere genuina fratellanza senza reciproco rispetto, buona opinione e stima, reciproca carità e tolleranza per colpe o debolezze. Sono soltanto quelli che abitualmente imparano a pensare il meglio l’uno per l’altro, a cercare il buono che c’è fra di loro e si rispettano e dimenticano il male, ad essere fratelli l’uno dell’altro nel vero senso della parola. Coloro che godono delle debolezze altrui, e amano pensare che gli altri siano esseri vili e inferiori, dotati di una natura nella quale il male predomina e non si può trovare in essi qualche buona qualità, non potranno mai essere amici e tantomeno fratelli.

Nessuno ha il diritto di disprezzare i suoi simili, se non estende anche a se stesso il suo disprezzo. Se da un’unica colpa o errore giudica il carattere di un altro e prende il singolo atto come prova della natura dell’uomo e di tutta la sua vita, egli dovrebbe consentire di essere giudicato secondo questo stesso metro.

Ma un simile giudizio diverrà impossibile quando egli ricordi continuamente a se stesso che in ogni uomo c’è un’anima immortale, che si sforza di fare ciò che è bene e giusto, un raggio, per quanto piccolo e quasi impercettibile, della grande fonte di Luce e dell’Intelligenza che lotta sempre tra gli intralci dei sensi e gli impedimenti delle passioni e che, in ogni uomo, questo raggio se pure soccombe, per le sue cattive inclinazioni e i suoi incontrollati appetiti, non sarà mai totalmente distrutto o estinto. Capirà allora che non è la vittoria, ma la battaglia che merita onore perché in questa come in ogni cosa nessun uomo può avere completo successo.

Fra un nugolo di errori e di fallimenti egli ritroverà l’anima del combattente, per difendere ciò che, in mezzo a tanto male, rimane buono in ognuno di noi, credendo che l’essere umano è migliore di quanto non sembri dai suoi atti ed omissioni. Crederà anche che Dio ne ha sempre cura, e lo ama. Egli sentirà allora che anche il peccatore è un suo fratello, che ha diritto alla sua comprensione e che è legato a lui da indissolubili legami di naturale solidarietà.

Se non c’è nulla di divino nell’uomo che cosa è egli dopo tutto, se non un animale un po’ più intelligente degli altri? Egli non ha colpe o vizi che le bestie non abbiano, perciò, a giudicare dai vizi, è soltanto un essere più evoluto e non possiede alcuna particolare dote che nessun animale abbia in qualche modo; anzi l’animale è migliore per generosità, fedeltà e mitezza.

Bardesan, il siriano cristiano, nel suo libro sulle Leggi delle Nazioni dice degli uomini che “nella vita del corpo rivelano la loro natura animale e nelle vita spirituale essi riescono a fare ciò che desiderano, come se fossero liberi e potenti a somiglianza di Dio”. E Moliton, Arcivescovo di Sardis, nella sua orazione a Cesare Antonio, dice: “Fate che Lui, il sempiterno Dio, sia sempre presente nella vostra mente; perché il tuo stesso intelletto emana da Dio ed è invisibile e illimitato nelle proiezioni del pensiero. Siccome Lui esiste in eterno così anche voi, quando avrete lasciato questo mondo terreno visibile e corruttibile, rimarrete davanti a Lui per sempre in un’esistenza illuminata dalla divina Sapienza”.

Come si conviene per ciò che esiste al di là della nostra comprensione, nel Genesi le parole usate per esprimere l’origine delle cose sono di dubbio significato, e certe espressioni possono indifferentemente tradursi con le parole “generato”, “prodotto”, “fatto” o “creato”.

Noi non dobbiamo discutere se l’anima o lo spirito dell’uomo sia un raggio emanato o scaturito dalla Suprema Intelligenza, o se la Potenza Infinita ha chiamato in vita ogni essere dal nulla, con un semplice atto della Sua volontà, dotandolo di immortalità e di intelligenza.

In ambedue i casi si può dire che il divino è unito all’umano e una delle due tesi vale l’altra. Il Triangolo equilatero inscritto nel cerchio è il Simbolo di questa unione.

Vediamo l’anima, disse Platone, come gli uomini vedono la statua di Glauco recuperata dal mare ove era rimasta per molti anni.

Osservandola, non erra semplice discernere quale fosse la sua originaria natura essendo state le sue membra parte rotte e parte corrose o deformate dal disfacimento per l’azione delle onde, delle alghe, delle incrostazioni ad essa aderenti. Così l’anima si concepisce più come un’indefinita parte immateriale dell’uomo che come un’emanazione di origine divina.

Ma il Massone che possiede il Segreto Reale è forte del suo amore per la saggezza, della sua tendenza a cogliere il nesso umano e divino, delle sue grandi aspirazioni e battaglie, sostenute per superare i vincoli del mondo dei sensi e delle passioni. Perciò egli sa che l’anima, liberata dall’involucro materiale che la tiene prigioniera, apparirà di nuovo nella sua vera natura e, gradualmente, ascenderà attraverso la mistica scala delle sfere celesti alla sua primitiva sede di origine divina.

Il Segreto Reale, di cui siete Principe, se cercate la vera conoscenza e la filosofia, è per voi emanazione di bellezza divina e ciò che il Sohar chiama il Mistero della Bilancia è il segreto dell’equilibrio universale.

Si tratta dell’equilibrio nella divinità fra l’infinita divina saggezza e l’infinito divino potere, da cui risultano la stabilità dell’universo, l’immutabilità della Legge divina e i principi della verità, giustizia e diritto che sono parte integrante di essa; il segreto della suprema potestà della legge divina su tutti gli uomini come superiore ad ogni altra legge e comprendente tutte le leggi degli uomini e delle nazioni. E’ l’equilibrio fra infinita giustizia divina e infinita divina misericordia il cui risultato è la divina infinita equità, l’armonia morale o bellezza dell’Universo. Per esso l’esistenza di nature create e imperfette al cospetto di una Perfetta Deità è resa possibile ed anche per Lui, come per noi, amare è meglio che odiare e il perdono è certamente preferibile alla vendetta o al castigo.

E’ l’equilibrio fra necessità e libertà, fra l’azione dell’onnipotenza divina e la libera volontà dell’uomo, per cui i vizi e le azioni vili, i pensieri non generosi e le menzogne sono errori e crimini giustamente puniti dalla Legge della causa e dell’effetto perché nulla nell’universo può avvenire ed essere posto in essere contro la volontà di Dio, senza la quale la libertà e necessità, della libera volontà delle creature e l’onnipotenza del Creatore, non potrebbero coesistere, né avrebbe senso la religione, alcuna legge del giusto e dell’ingiusto, del merito e del demerito, né vi sarebbe giustizia nelle pene previste dalle leggi penali delle varie Nazioni.

E l’equilibrio fra il bene e il male, la luce e le tenebre nel mondo, ci assicura che tutto è opera dell’infinita saggezza o di un amore infinito; e che non vi è demone ribelle del male o principe delle Tenebre coesistente e in eterna lotta con Dio. Attenendoci alla conoscenza di questo equilibrio possiamo, con la fede, osservare che l’esistenza nel mondo del male, delle sofferenze e del dolore, si svolge accanto a quella dell’infinita bontà e dell’infinita saggezza dell’Onnipotente.

Amore e odio, attrazione e repulsione, ciascuna forza della natura lotta nelle anime degli uomini, nell’universo delle sfere e dei mondi e, dall’azione e opposizione dell’una contro l’altra, risultano l’armonia e quel movimento che è la Vita dell’Universo e il respiro del mondo. Non sono in antagonismo l’una con l’altra. La forza che respinge un pianeta dal Sole non è superiore alla forza che attrae il pianeta verso il centro della Luce, perché ognuna è creata e regolata dall’equilibrio cosmico; il risultato è l’armonico movimento dei pianeti secondo le loro orbite ellittiche e nella matematica precisione e invariabile regolarità dei loro movimenti.

Emblematicamente è quell’Equilibrio fra autorità e azione individuale che è alla base di un governo libero e stabilisce un rigido rapporto tra la libertà e l’obbedienza alla Legge, l’eguaglianza e il rispetto dell’autorità, la fraternità e la subordinazione al più saggio e al migliore; di quell’Equilibrio fra l’energia attiva della volontà del presente, espressa dal voto del popolo, e la passiva stabilità e permanenza della volontà del passato espressa nelle costituzioni dei governi, scritte e orali, nelle leggi o nelle consuetudini, grigie per l’età, ma consolidate e santificate dal tempo quali precedenti e quindi dotate di autorità; quell’Equilibrio è rappresentato dall’arco che si appoggia sulle due colonne, Jachin e Boaz, che si ergono all’ingresso del Tempio costruito sulla Saggezza; su di una la Massoneria ha posto il Globo Celeste, simbolo della parte spirituale della nostra complessa natura, e sull’altra il Globo Terrestre, simbolo di quella materiale.

E’ insomma quell’Equilibrio, possibile dentro di noi, per il cui conseguimento la Massoneria incessantemente opera presso i suoi iniziati richiedendolo ai suoi adepti e Principi, altrimenti non meritevoli dei loro titoli. Un equilibrio tra lo spirituale e il divino, il materiale e l’umano nell’uomo; fra l’intelletto, la ragione e il senso morale da una parte e gli istinti e le passioni dall’altra da cui risulti l’armonia e la bellezza di una vita ben regolata e moralmente ineccepibile.

Perciò anche gli istinti e le passioni debbono essere usati con saggezza e senza abusarne. Vanno controllati e tenuti come i giusti freni della ragione e del senso morale.

Questo equilibrio ci insegna, soprattutto, a onorare noi stessi come anime immortali e ad avere rispetto e carità verso gli altri nostri simili, partecipi come noi della divina natura, illuminati da un raggio dell’intelligenza divina, capaci come noi di progredire verso la perfezione e bisognosi di amore e comprensione, ma mai di odio e disprezzo.

Come noi, tutti devono essere aiutati e incoraggiati in questa lotta per la vita e non essere abbandonati né lasciati soli a vagare tra le tenebre e ancor meno essere calpestati nei nostri sforzi per innalzarci.

Dalla reciproca azione e reazione di ciascuna di queste coppie di forze opposte e contrarie deriva ciò che, con loro, forma il Triangolo, per i Saggi antichi, simbolo della divinità, come da Osiris e Isis, Har-Oeri il Maestro della Luce e della Vita, e la Parola Creatrice. A ognuno degli angoli stanno simbolicamente le tre colonne che sostengono la Loggia, essa stessa simbolo dell’Universo, Saggezza, Potere, Armonia e Bellezza.

Uno di questi simboli, conosciuto già nella tavola dei lavori nel grado di Apprendista, richiama e conferma questa ultima lezione di Massoneria.

E’ il triangolo rettangolo, simbolo dell’Uomo, come unione dello spirituale con il materiale, del divino con l’umano. La base, misurata con il numero tre, numero del triangolo, rappresenta la Deità e il Divino; la perpendicolare, indicata con il numero quattro, il numero della Squadra, rappresenta la Terra, il materiale e l’umano; l’ipotenusa, indicata col numero cinque, rappresenta quella natura prodotta dall’unione del divino e dell’umano, l’anima e il corpo; i quadrati nove e sedici, della base e della perpendicolare, addizionati danno venticinque, la cui radice quadrata è cinque, il numero della sintesi divina dell’uomo.

E come in ogni Triangolo di Perfezione uno è tre e tre sono uno, così l’uomo è uno sebbene di duplice natura e raggiunge gli scopi del suo essere soltanto quando le due nature, che sono in lui, si trovano in un perfetto equilibrio; e la sua vita ha successo solo quando è in perfetta armonia come le grandi Armonie di Dio e dell’Universo.

Tale è, Fratello mio, la vera Parola di un Maestro Massone; tale il vero Segreto Reale che rende possibile e farà, alla fine trionfare il Sacro Impero della vera Fraternità Massonica.

GLORIA DEI EST CELARE VERBUM – AMEN

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