OVVERO DIALOGO DEL PASCIÀ TUCTAN E DEL GIARDINIERE KARPOS
Tuctan: Ebbene, amico mio Karpos, tu vendi cari i tuoi ortaggi; ma sono buoni … Di che religione sei, attualmente?
Karpos: In fede mia, signor pascià, non mi è facile dirvelo. Quando la nostra isoletta di Samo apparteneva ai Greci, ricordo che mi facevano dire che l’aghion pneuma era prodotto solo da tou patrou; mi facevano pregare Dio stando in piedi con le mani incrociate: mi proibivano di mangiare latte di quaresima. Quando vennero i Veneziani, il mio curato veneziano mi fece dire che l’aghion pneuma veniva da tou patrou e da tou uiou, mi permise di mangiare latte e mi fece pregare Dio in ginocchio. Tornati i Greci e scacciati i Veneziani, si dovette rinunciare a tou uiou e alla crema. Voi avete infine scacciato i Greci e io vi sento gridare Allah illa Allah con tutte le vostre forze. Non so più tanto bene che cosa sono; amo Dio con tutto il mio cuore, e vendo la mia merce a un prezzo molto ragionevole.
Tuctan: Hai anche dei bei fichi.
Karpos: Mio pascià, sono a vostra disposizione.
Tuctan: Si dice che hai anche una bella figlia.
Karpos: Si, signor pascià, ma lei non è a vostra disposizione.
Tuctan: E perché mai, sciagurato?
Karpos: Perché sono un uomo onesto: mi è permesso vendere i miei fichi, ma non mia figlia.
Tuctan: E quale legge non ti permette di vendere quel frutto?
Karpos: La legge degli ortolani onesti; l’amore di mia figlia non appartiene a me, ma a lei; non è una merce.
Tuctan: Tu non sei dunque fedele al tuo pascià?
Karpos: Fedelissimo, nelle cose giuste, finché sarete il mio padrone.
Tuctan: Ma se il tuo papa greco facesse una cospirazione contro di me e ti ordinasse da parte del tou patrou e del tou uiou, di entrare nel suo complotto, non saresti così devoto da prendervi parte?
Karpos: Io no, di certo, me ne guarderei bene.
Tuctan: E perché ti rifiuteresti di obbedire al tuo papa greco in un’occasione così bella?
Karpos: Perché vi ho giurato obbedienza e perché so bene che il tou patrou non ordina affatto le cospirazioni.
Tuctan: Ne sono lieto; ma se per disgrazia i tuoi Greci riprendessero l’isola e mi scacciassero, mi resteresti fedele?
Karpos: E come potrei esservi fedele; in tal caso non sareste più il mio pascià.
Tuctan: E che ne sarebbe, del giuramento che mi hai fatto?
Karpos: Sarebbe come per i miei fichi, che non potreste più gustare. Non è vero (parlando col dovuto rispetto) che se voi foste morto, nel momento in cui vi parlo, io non avrei più obblighi nei vostri confronti?
Tuctan: La supposizione è incivile, ma la cosa è vera.
Karpos: Ebbene! Se voi foste scacciato, sarebbe un po’ come se foste morto; avreste infatti un successore, al quale io dovrei fare un altro giuramento. Come potreste esigere da me una fedeltà che non vi servirebbe a nulla? È come se, non potendo mangiare i miei fichi, voleste impedirmi di venderli ad altri.
Tuctan: Sei un ragionatore: hai dunque dei principi?
Karpos: Si, a modo mio: non sono molti, ma mi bastano; e se ne avessi di più mi darebbero impaccio.
Tuctan: Sarei curioso di conoscerli.
Karpos: Sono, per esempio, di essere un buon marito, un buon padre, buon vicino, buon suddito e buon ortolano; non vado oltre, e spero che Dio mi usi misericordia.
Tuctan: E credi che userà misericordia anche a me, che sono il governatore della tua isola?
Karpos: E come posso saperlo? Sta forse a me indovinare in che modo Dio tratti i pascià? È un affare fra voi e lui; io non mi ci immischio in alcun modo. Tutto quello che immagino è che, se voi siete un pascià onesto come io sono un ortolano onesto, Dio vi tratterà molto bene.
Tuctan: Per Maometto! Sono molto contento di questo idolatra. Addio, amico mio; Allah vi protegga!
Karpos: Tante grazie. Theos abbia pietà di voi, signor pascià!
Voltaire, Dizionario Filosofico
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